RELAZIONI D’AIUTO: PROSPETTIVE A CONFRONTO
Come professionisti della relazione d'aiuto, sia che siamo mediatori familiari, psicologi, psicoterapeuti o consulenti a vario titolo, nel corso della nostra vita lavorativa diventiamo depositari di narrazioni intime e complesse relative alle vicissitudini, alle emozioni, alle interazioni e agli eventi che caratterizzano la vita delle persone, ove non mancano gioie, dolori, successi, fallimenti e conflitti.
Metaforicamente parlando, ogni giorno, ci troviamo immersi in un vortice di vite e situazioni diverse, un caleidoscopio di esperienze umane: vediamo aziende che si reinventano, si mettono in discussione, affrontano crisi e fallimenti, famiglie che si trovano a gestire separazioni o profonde trasformazioni, convivenze e passaggi generazionali, coppie che cercano di reinventare il loro rapporto, genitori che faticano a trovare nuovi modi per comunicare con i loro figli, figli che reclamano sia la presenza dei genitori che la loro autonomia. Ascoltiamo le loro voci, i loro silenzi, le loro paure e le loro speranze.
L'essenza di ogni intervento di supporto risiede nell'importanza cruciale della relazione tra il professionista e la persona che si affida al suo aiuto. Questa connessione non è un semplice scambio di informazioni, ma un intreccio profondo di elementi che favoriscono la fiducia e la crescita. Innanzitutto, credo che l’assenza di giudizio o, meglio, pre-giudizio e l'ascolto empatico si pongano come due pilastri fondamentali: il professionista deve saper comprendere la prospettiva esposta senza giudizio, ascoltando non solo le parole, ma anche i silenzi e le sfumature, creando un ambiente di fiducia in cui la persona si sente libera di esprimersi, sapendo di poter essere accettata per ciò che è. Infine, la competenza nel facilitare la comunicazione e la risoluzione dei problemi fornisce gli strumenti necessari per affrontare le difficoltà e trovare soluzioni costruttive. Insieme, questi elementi possono contribuire a creare un contesto in cui la persona si sente sostenuta, compresa e capace di affrontare le sfide che si presentano.
Le storie che ci vengono affidate sono spesso intessute di conflitti, di nodi irrisolti, di ferite profonde. Immaginate fili aggrovigliati, dove ogni nodo rappresenta un'incomprensione, un rancore, una delusione. Questi nodi possono stringersi sempre di più, fino a diventare “soffocanti”, creando muri di risentimento, barriere, più o meno, invisibili tra i membri di una famiglia, di un’azienda, specie se si tratta di imprese familiari ove non c’è soluzione di continuità tra le due realtà.
Ma non solo.
Siamo anche testimoni di incredibili atti di resilienza e di momenti di svolta che aprono la strada al cambiamento e alla rinascita. Come un albero che si piega sotto il peso della tempesta, ma non si spezza, le persone dimostrano una straordinaria capacità di superare le difficoltà e di ricostruire la propria vita.
Assistiamo a momenti di svolta, a epifanie improvvise, in cui le persone prendono consapevolezza dei propri errori e decidono di cambiare, di reinventarsi. Siamo testimoni di coraggiose decisioni, di scelte difficili, ma necessarie per il benessere di tutti. Vediamo persone che riescono a lasciare andare il passato, che perdonano e si perdonano, che aprono il proprio cuore alla speranza.
In questi momenti, noi, “professionisti di processo”, ci sentiamo onorati nel poter accompagnare le persone nel loro “processo” di cambiamento. Questo ruolo ci offre l'opportunità di creare uno spazio sicuro e accogliente dove le emozioni possono trovare espressione e ascolto, supportando così le persone nell'esplorazione di nuove strade per comunicare e costruire relazioni che siano più sane e soddisfacenti. Ogni storia è un universo a sé, con le sue dinamiche, i suoi codici ed i suoi protagonisti. E noi abbiamo il privilegio di entrare in punta di piedi in questi mondi, di ascoltare le voci che spesso non trovano spazio altrove, di dare forma ai sentimenti inespressi.
Ma soprattutto ciò che va sottolineato è che ogni individuo porta con sé un bagaglio unico di esperienze, valori, credenze e, di conseguenza, una prospettiva irrimediabilmente personale sulla realtà.
Questa lente soggettiva attraverso cui filtriamo gli eventi e le interazioni modella inevitabilmente il nostro modo di comprendere, interpretare e reagire alle situazioni della vita. Riconoscere questa intrinseca diversità di vedute non è solo un atto di rispetto verso l'altro, ma si rivela uno strumento potentissimo per navigare le complessità umane con maggiore efficacia.
Guardate questa immagine e …secondo voi, è plausibile chiedersi «chi ha ragione»?
Credo che l’immagine proposta illustri in modo semplice ma efficace il concetto delle diverse prospettive.
Due figure stilizzate si fronteggiano, puntando il dito verso un grande numero posto al centro. Tuttavia, a causa della loro posizione reciproca, una figura vede chiaramente il numero come un "6", mentre l'altra lo percepisce inequivocabilmente come un "9". Entrambe sono convinte della correttezza della propria visione.
Questo scenario emblematico evidenzia come la nostra posizione, il nostro punto di vista “laterale” influenzi profondamente la nostra percezione della realtà. Ciò che appare ovvio e inconfutabile a una persona, può essere altrettanto ovvio e inconfutabile, ma completamente diverso, per un'altra. Spesso il conflitto nasce proprio dalla mancata consapevolezza di questa soggettività percettiva. Per superare l'impasse e giungere a una comprensione più completa diventa quindi fondamentale superare la rigidità della propria posizione, aprirsi all'ascolto e alla considerazione del punto di vista altrui.
Ascoltare attivamente e con genuina curiosità entrambe le "visioni" in campo, lungi dall'essere un esercizio superfluo, si configura come un vero e proprio processo di arricchimento conoscitivo. Questo ascolto attivo e aperto non implica necessariamente la necessità di trovare un accordo, ma piuttosto può condurre ad una comprensione più ampia e articolata del problema, fornendo una base più solida per decisioni e azioni consapevoli.
Infine, è cruciale sottolineare come la divergenza di pensiero e di prospettive non debba in alcun modo essere percepita come un preludio al conflitto o come una dichiarazione di ostilità, l’altro non dovrebbe essere visto come un nemico.
Il semplice fatto che una persona interpreti una situazione in modo diverso dal nostro o che proponga soluzioni alternative non la trasforma automaticamente in un avversario. Anzi, spesso è proprio nel confronto costruttivo tra idee diverse che risiedono le soluzioni più innovative e creative. Abbracciare la diversità di pensiero come una risorsa, piuttosto che come una minaccia, richiede un cambio di paradigma culturale e relazionale. Significa riconoscere il valore intrinseco di ogni punto di vista, anche quando sfida le nostre convinzioni, e coltivare la capacità di dialogare con rispetto e apertura mentale. In un contesto di aiuto, questa consapevolezza è fondamentale per creare un ambiente sicuro e collaborativo, dove ogni voce possa essere ascoltata e valorizzata, trasformando il potenziale attrito in una forza motrice per la crescita e la comprensione reciproca.
E voi, «da che prospettiva volete vedere la realtà?»
In conclusione, desidero sottolineare che queste mie considerazioni non scaturiscono da una semplice analisi teorica, ma esse affondano le proprie radici in un’esperienza concreta e diretta maturata sul “campo”, che viene arricchito e strutturato da percorsi di formazione specifica, come quello offerto da ForMed (Scuola di Alta Formazione per la Mediazione Generazionale nelle Imprese Familiari), presso la Cesaro&Associati.
Francesca Cappellin
(Avvocato, Mediatrice Familiare e Allieva Didatta A.I.M.S.)